L’evoluzione delle PR online: da Public Relation a People Relation

Con questo post inizio a condividere una serie di riflessioni e spunti di discussione su alcuni fenomeni relativi all’evoluzione delle PR online. I possibili approcci alle blogger relation rappresenta il primo di un breve elenco, un work in progress ovviamente:

  1. BLOGGER RELATION: APPROCCI POSSIBILI
  2. FRAMMENTAZIONE DELLA PRESENZA ONLINE
  3. CRM 2.0
  4. LO SVILUPPO DEL PR BRAND

 

Blogger relation: approcci possibili

Come possiamo coinvolgere i blogger?

Ho sentito questa domanda tante volte ed è facile rendersi conto che le risposte possono essere altrettante e tutte diverse.

È normale, quelli che oggi vengono definiti blogger – nelle varie declinazioni food blogger, fashion blogger, mum blogger, etc – sono considerati influencer perché sono in grado appunto di influenzare le opinioni di altri, la visibilità dei brand all’interno dei motori di ricerca, spesso sono uomini e donne che lavorano in aziende e che possono dare un importante contributo nella definizione di campagne di comunicazione, strategie di prodotto, e così via.

In ogni caso non voglio dilungarmi sulle motivazioni per cui le aziende vogliono che i blogger parlino dei loro prodotti e partecipino ai loro eventi e iniziative.

Ho fatto invece una riflessione su come sono cambiate le modalità di “coinvolgimento”, come si è evoluto l’approccio cercando di classificarlo in alcune macro tipologie.

Il blog come editore: APPROCCIO UFFICIO STAMPA

L’approccio probabilmente più tradizionale: preparo una cartella stampa e oltre ad inviarla alle testate giornalistiche online e ai magazine lo invio anche ad una selezione di blog. La scelta ricade soprattutto sui blog appartenenti a network e a circuiti di nanopublishing o sui blog verticali che hanno la necessità di pubblicare articoli aggiornati su contenuti relativi ai temi trattati.

Il blog come media: APPROCCIO CONCESSIONARIA

Chiedo al blogger di pubblicare un post sul mio prodotto in cambio di un corrispettivo economico. Esistono società che dispongono di un database di blog da contattare per proporre l’adesione ad una “campagna”: se accettano viene fornito loro un brief e contenuti multimediali che possono utilizzare per scrivere l’articolo. Un approccio assimilabile alle dinamiche di acquisto del media: se voglio che il mio messaggio sia visibile all’interno di un dato sito internet chiamo la concessionaria e compro lo spazio. Analogamente a quanto succede con i media nei casi in cui una campagna viene rifiutata perché il prodotto non è in linea con gli standard qualitativi del sito, anche in questi casi non posso assicurarmi la presenza in un blog specifico ma posso avere la garanzia che il mio messaggio verrà pubblicato all’interno di un numero minimo garantito affine al target o alle tematiche della campagna.

Il blogger come web celebrity: APPROCCIO VIP

I blogger sono coccolati come se fossero delle vere e proprie celebrity: ricevono regali, più o meno “impegnativi”, vengono invitati a party esclusivi, sono più fotografati di Paris Hilton. Il fine di questo approccio ovviamente è spesso analogo a quanto avviene con i VIP: vogliamo che il blogger parli del nostro brand, mostri il prodotto al proprio network di contatti, crei attesa nei confronti dell’evento e condivida le foto che lo ritraggono nei propri spazi social. Forse proprio la natura di questo approccio fa sì che si stia diffondendo sempre più nell’ambito della moda con l’esplosione del fenomeno da qualche anno ormai delle cosiddette fashion blogger.

Il blogger come opinion leader: APPROCCIO POLITICO

Approccio assimilabile a quello “VIP” ma il soggetto che lo intraprende è spesso di natura istituzionale e non ricollegabile ad uno specifico brand o prodotto. Pensiamo ad esempio alle conferenze stampa o agli eventi in cui sono presenti il direttore marketing o lo stesso CEO organizzati dai telco e o dalle multinazionali leader nel campo informatico ed electronics o dagli stessi editori : oltre a giornalisti, politici, imprenditori, troviamo i blogger sia in veste di “special guest” sia come relatore, come per l’appunto “opinion leader”. Attenzione non escludo che molti di questi blogger non siano in primis imprenditori, giornalisti e politici ma mi riferisco al fatto che abbiano un blog, uno spazio personale dove esprimono le proprie convinzioni, le proprie ideologie e in generale le proprie opinioni. Molto spesso si ha la sensazione o la quasi certezza che in ogni caso il personaggio in questione parlerà di noi e quindi ci teniamo alla sua presenza sia per poter essere sicuri di metterlo nelle condizioni di avere tutte le informazioni che gli servono, sia, malignamente parlando, per “tenercelo buono”.

I blogger come tester: APPROCCIO FOCUS GROUP

Anche in questo caso si tratta di un approccio simile a quello VIP, il blogger riceve “regali” e viene invitato ad eventi, ma con un fine diverso: testare un nuovo servizio, un nuovo prodotto, commentare un particolare studio o una campagna pubblicitaria in anteprima. A volte l’oggetto del test viene spedito e si aspetta la reazione, a volte si creano degli spazi online dove parlarne insieme agli altri tester (ad es. un gruppo privato su Facebook), a volte viene organizzato un evento ad hoc. Il test può riguardare un nuovo prodotto o “l’idea” di un nuovo prodotto: non solo esprimere la propria opinione su una nuova variante ma contribuire a crearla o a decidere tra una serie di opzioni possibili.

Il blogger come creativo: APPROCCIO TALENT SCOUT

Molte persone oltre a scrivere un blog coltivano ovviamente tanti altri interessi e passioni e sono particolarmente bravi nel farlo: scrivono poesie e racconti, scattano fotografie, realizzano cortometraggi, disegnano fumetti, pitturano, cantano, suonano uno strumento, conducono trasmissioni radiofoniche, creano dei mashup o delle playlist musicali, e così via. A volte aprono un blog proprio per dare visibilità alle loro creazioni, in alcuni casi le condividono utilizzando altri servizi di sharing oppure le pubblicano sporadicamente nei loro spazi personali; altre volte ancora non sono nemmeno blogger nel senso stretto del termine perchè il loro spazio personale non è un blog ma un account su Flickr o un canale su YouTube ma entrerò più nel dettaglio di questo discorso quando parlerò del tema della frammentazione della presenza online. Adottare questo approccio vuol dire coinvolgere il blogger in iniziative che gli consentono di mettere alla prova le proprie capacità e di dare visibilità al proprio particolare talento, magari facendolo diventare una vera e propria fonte di guadagno. Il brand che promuove questo genere di iniziativa funge quindi da sponsor e da “enabler”.

 

Questa potrebbe essere una prima fotografia di come si sono evolute le modalità di contatto, interazione e coinvolgimento dei blogger. Vi sembra esaustiva o aggiungereste altre tipologie? Ovviamente non si tratta di una classificazione, i blogger non appartengono ad una categoria o ad un’altra: l’autore di un blog verticale sulla telefonia mobile può ricevere il comunicato stampa relativo all’uscito di un nuovo device e allo stesso tempo essere coinvolto in in un casting per fumettisti perchè ogni giorno pubblica su Flickr una striscia quotidiana sulla sua vita.

Mi piacerebbe dare un seguito a questo post indicando se e quando è giusto o plausibile attivare un approccio piuttosto che un altro e quali sono gli eventuali DOs and DON’Ts di ciascuno. Mi dite come la pensate così raccolgo un po’ di opinioni e materiali?

 

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: Ho resistito per un po' ma alla fine ho ceduto al lato oscuro e ho creato una pagina su Facebook.

33 commenti su “L’evoluzione delle PR online: da Public Relation a People Relation”

  1. Scusa se mi permetto, ma public relation e l'italiano relazioni pubbliche già relazioni con le persone. Cito dal sito di Assorel:
    Relazioni Pubbliche è il termine corretto per descrivere questa disciplina della comunicazione. Tale definizione di Relazioni Pubbliche fornisce la chiave per comprendere il valore di questa professione: attivare relazioni con i diversi pubblici di riferimento delle organizzazioni (imprese, associazioni, istituzioni, ecc.) che si affidano alle agenzie di Relazioni Pubbliche, con l’obiettivo di costruire, sviluppare e difendere la positiva percezione dei valori della marca o dell’organizzazione o della persona cliente.

    Tutto il resto del post descrive piuttosto fedelmente quello che accade oggi e quello che si aspettano le aziende da questi strani animali che hanno tempo da perdere a scrivere un blog 😉
    Baci
    Nicola

  2. Ciao Nicola, la mia sensazione è che in passato per molte aziende il focus fosse spostato sul considerare le persone più come media che come individui in senso e che in questi ultimi anni l'approccio sia cambiato e si stia evolvendo. Il titolo è a questo proposito forse un po' sia provocatorio sia ottimista
     

  3. Si, ottimo spunto, brava! Anche se la parte decisiva di queste strategie è spesso il "come" le si realizzano, cosa che giustamente accenni alla fine dell'articolo. Soprattutto i "DON’Ts".
    Ormai avremo ripetuto all'infinito che certe attività si possono fare, ma nel modo corretto. Inviare comunicati stampa ad un blogger senza dimostrare di "leggerlo" e di conoscere il suo interesse/parere in merito a quanto gli stiamo mandando è inutile e a volte assai controproducente, come fare omaggi "sbagliati", chiedere opinioni senza essere disposti ad accettare critiche, invitarli per poi tenerli in disparte, chiedere con insistenza di scrivere un post o al contrario chiedergli di non pubblicare qualche tua rivelazione (quando si sa che tempo pochi secondi l'hanno già twittata), far scrivere post dietro compenso senza rendere evidente che sono sponsorizzati; questi per dire solo gli errori più comuni.

  4. @christian grazie per le tue considerazioni! Direi che sono d'accordo con tutti i DON'T che hai elencato 🙂 spero di avere il tempo per razionalizzarli tutti e condividerli in un "follow up" di questo post

  5. Credo che uno dei modi più genuini di coinvolgere i blogger, sia di non coinvolgerli ma di farsi coinvolgere. Mi spiego. Esistono in rete – io conosco bene il mondo wine & food ma immagino sia così anche per altri settori – moltissimi eventi e format di eventi che prendono vita da conversazioni online e iniziative dal basso, spesso nascono su blog, su twitter o su altri spazi sociali. Ecco, posso dire che le aziende che nel mio settore oggi sono meglio introdotte sui social media, oltre ad avere alla base un buon motivo per esistere (un buon prodotto/servizio), si sono spese direttamente, cercando di entrare prima nei giochi degli altri che nei loro.

    Sui vari approcci, brevemente:

    Approccio ufficio stampa
    Va bene anche se dovrebbe sempre venir prima la costruzione di un rapporto personale per avere qualche efficacia.

    Approccio concessionaria
    Non penso che funzioni. Anzi, personalmente detesto questo genere di approccio. La pubblicità benvenga, ben separata dai contenuti. In particolare non apprezzo l'imbarbarimento di certi blog che sia pur ricchi di disclaimer sono ormai diventati la discarica di collaborazioni a pagamento perdendo completamente il sapore originale.

    Approccio vip
    Penso che sia detestabile da entrambe le parti, sia il blogger che si sente vip, sia chi tratta il blogger come tale. No Guru, no idols!

    Approccio politico
    Il coinvolgimento è positivo se il punto di vista del blogger è di concreto interesse per chi organizza e per la platea. Se è solo per dire che c'era il blogger, che evitino di invitarlo.

    Approccio focus group
    Interessante se fatto "a modino", con la massia trasparenza, raramente e su prodotti o servizi di concreto rilievo e indubbia qualità o utilità.

    Approccio talent scout
    Valgono un po' le considerazioni precedenti.

    My two cents.

    Fil.

  6. Ciao Filippo, grazie mille davvero interessante il tuo contributo! Effettivamente l'approccio "non coinvolgerli ma di farsi coinvolgere" non rientra in nessuna delle categorie che ho indicato. Vorrei trovargli un nome, un po' come ho fatto con gli altri, ti andrebbe di aiutarmi? 🙂

  7. France'
    le aziende considerano i blogger solamente perché possono scrivere male di loro e le parificano in tutto e per tutto ai giornalisti, con la differenza che la captatio benevolentie è più articolata e difficile da fare. In fin dei conti far parlare bene un giornalista di te è facile: basta comprare un po' di pubblicità. Gli editori mettono gli articoli pure nel pacchetto più o meno esplicitamente.
    Per far parlare bene di te un blogger lo devi corteggiare un po' di più, ma il meccanismo di fondo non cambia. E' un banale scambio di convenienze, niente di più.
    Tutto il resto sono chiacchiere per far apparire la comunicazione come un mestiere rispettabile 😉
    Ciao ciao
    NIcola

  8. @lafra
    Proviamo con: "L'approccio grassroots" ?

    @Nicola
    Sai, in linea di massima hai ragione.
    E' che in rete c'è quel particolare della "reputazione" che per chi ambisce ad avere influenza è primario e non come in tanti altri casi, di nessuna importanza.
     

  9. @Nicola apprezzo il tuo approccio (tanto per rimanere in tema) molto realista ma non sarei così negativa dai, ogni tanto, raramente, qualcosa di "buono" lo si vede in giro 🙂

  10. Ciao, piacere di conoscerti! Da qualche tempo leggo i tuoi post che trovo in affinità con quelli su cui lavoriamo su leaderlessorg, ovvero come cambiano le relazioni interpersonali e produttive con le nuove tecnologie digitali.
    Mi sembra che il lavoro di un blogger sia lento, lungo ma divertente, almeno è come lo vivo. L'importante è far emergere quello che si pensa, se poi dall'altra parte qualcuno raccoglie la palla… APPROCCIO VEDIAMOCHESUCCEDE

  11. Ciao Fra, io aggiungerei una categoria: il blogger come redattore. Seppure l'obiettivo primario di molte aziende sia, o possa essere, quello di far parlare bene dei propri prodotti e/o servizi (o quantomeno di non farne parlare male), emerge oggi anche una significativa necessità di avere a bordo di un progetto dei produttori di contenuti che siano in grado di parlare alle persone sui socialcosi con un linguaggio appropriato e un bagaglio specifico di conoscenza del mercato di riferimento del brand.

  12. Sono molto d'accordo con i concetti espressi da Filippo, "l'approccio grassroots" credo che sia il migliore (e di solito anche quello più di successo) proprio perchè spontaneo, nato probabilmente da un'esigenza vera.
    C'è però da dire che alcuni settori (mi vengono in mente proprio il wine&food, ma anche moda, beauty, mamme&bambino) hanno una massa critica tale per cui si può partecipare a dialoghi già esistenti. Il problema si pone quando il prodotto/servizio si vuole affacciare sul digital, ma ancora di quell'argomento se ne parla poco, a quel punto il dialogo deve essere in qualche modo creato…

  13. @Fabio lo aggiungo all'elenco dei possibili approcci? 🙂

    @Pepe grazie, sono d'accordo, lo aggiungo

    @Giulia La partecipazione in dialoghi già esistenti era uno dei punti che volevo affrontare parlando di CRM 2.0 quindi grazie per averlo anticipato! Alcune aziende hanno già iniziato ad intervenire nelle discussioni soprattutto nei casi in cui è possibile offrire un servizio di customer care, altre invece hanno paura di farlo o si rendono conto che non hanno niente di interessante da dire e sono attaccabili per questo e di conseguenza scelgono il seeding blind sperando che gli utenti non se ne accorgano. Sto raccogliendo best e worst case proprio per definire dei key learning e delle linee guida, hai esempi che ti va di citare?

  14. Non sono sicuro ci sia un cambiamento in atto. Relazioni pubbliche vuol dire, come sottolinea Nicola, proprio relazioni con le persone. Che il panorama degli stakeholder si sia allargato fino a ricomprendere anche gli opinion leader della rete è una realtà (ho approfondito qui http://www.vincos.it/2010/05/17/mappare-gli-stakeholder-della-rete-e-il-caso-nestle/). 
    Lo sforzo di classificazione che fai è lodevole, anche se penso che poi tutto si riduca ad due tipologie di approccio: quello tattico, di breve periodo, o quello relazionale, di costruzione di fiducia, di lungo periodo.  

  15. Credo che il problema di fondo sia che molti blogger (1) si auto-percepiscono (2) vengono percepiti dall'esterno come qualcosa di 'altro da sé'. I blogger vengono spesso considerati giornalisti di serie B, uffici stampa di serie B, redattori di serie B, quando di fatto sono qualcosa di differente. Persone che creano uno spazio sul web dove esprimere la loro competenza e il loro punto di vista, talvolta raggiungendo un livello tale di affidabilità agli occhi del pubblico da rendere la loro attività una professione (da svolgere in autonomia o all'interno di un contesto aziendale, che sia un nanopublishing o una redazione vera e propria). Ciò che distingue il blogger dal giornalista è anzitutto il personalismo: il giornalista è (almeno per definizione) soggetto alle 5W e tutto ciò che ne deriva, il blogger mette se stesso al di sopra della notizia.

  16. Ciao Francesca, post molto interessante e per la prima sembra esserci un po' di "ordine" in tutto quello che è stato scritto fin'ora.
    Come sottolinea Filippo, credo che l'approccio VIP e l'approccio concessionaria alla lunga non paghino e sopratutto compromettano sin da subito qualsiasi nascita di un eventuale rapporto. Alla fine si tratta sempre di uno scambio (sposo in pieno il realismo di Nicola) ma ci sono "modi e modi" di approcciare questo tipo di scambio: si parla sempre di costruire relazioni, ma siamo sicuri che sia l'unica via? Sicuramente è un modo per avere "garanzia" che la mia mail, messaggio, DM, sia letto, ma poi lo step successivo a mio avviso dipende al 90% dal tipo di contenuto, evento, format che proponiamo.
    Posso diventare anche il migliore amico di un blogger ma poi se gli vado a proporre contenuti ridicoli non funziona ugualmente. Le due variabili fondamentali a questo punto sono sempre le stesse: community (quanto riesco a legare, insomma il fattore sociale) e content (cosa propongo "in cambio" di Buzz, presenza, post, etc.).
    Per chiudere sicuramente metterei tra i "don'ts" un consiglio agghiacciante che ho letto più volte in rete: quando contattate un blogger citate uno dei suoi ultimi posto per far vedere che lo leggete. Niente di più sbagliato!

  17. Provocazione n.1: mi sa che dobbiamo rigirare il discorso, nel senso che i blogger (o meglio, le persone) inziano ad impostare modalità di approccio differenziate verso le aziende (anche indipendentemente da che approccio ricevono)
    Provocazione n.2: mi sono sempre un po' stupito che quando un paio di anni fa iniziati a parlare e scrivere di People Relation, la cosa non prese piede. Meno male che c'è Lafra che lo rilancia 😉

  18. @Vincenzo sai che quando parli di differenza tra l'uso di un approccio tattico e uno strategico mi trovi sempre d'accordo, è uno degli aspetti che volevo approfondire parlando dei pro e contro dei diversi approcci. Ad esempio mi viene da pensare che una modalità di utilizzo strategico non sia applicabile a tutti gli approcci, cosa ne pensi?

    @Marta quello che scrivi è uno dei motivi per cui ho creato un blog 🙂 https://www.lafra.it/2006/06/09/everything-but-advertising/

    @S. Secondo te l'approccio "blogger come TV" non è in qualche modo assimilabile all'approccio concessionaria ossia il blog come media?

    @Mauro entrambe ottime "provocazioni" in particolare la prima: sono i blogger ora a dettare le regole? (va beh dai, la metto giù in modo un po' provocatorio anch'io). Sulla seconda provocazione direi "Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" 😉

  19. Bellissimo post, in cui ho trovato molti spunti interessanti. Aggiungo alcune considerazioni. 1. Un altro approccio potrebbe essere “Il blogger come “linker” -APPROCCIO LINK POPULARITY”: mi è capitato qualche volta di ricevere richieste, e anche di farlo. Pericolosissimo…ma necessario. 2. Potremmo dire che l'approccio giusto dipende dal momento in cui andiamo a comunicare un prodotto? Ad esempio, mettendomi nei brutali panni di un'azienda, in fase di lancio di un prodotto, è inevitabile ricercare un approccio un pò più su larga scala, come per dire “ehi, ci sono anch'io”; in fase di follow up, forse, è più utile andare approfondire la relazione con i vari interlocutori e privilegiare un approccio davvero one-to-one. 3. Mi scontro, recentemente, con una osservazione: “eh…ma i blogger VIP sono suscettibili…o comunque non hanno tempo”. In questi casi…che si fa? Tentar non nuoce, perché il tono della comunicazione, se non insistente e garbata, può salvare in corner? Oppure rinunciare a priori? Un saluto a tutti!

  20. post e discussione intereesantissima, grazie  a tutti. mi permetto di aggiungere il mio punto di vista
    I blogger come "ficcanaso" (meglio "reporter"? :-)): APPROCCIO LIBERO
    perdonatemi il termine provocatorio, ma reputo i blogger delle persone libere, fuori dagli schemi e dai legami nei quali spesso sono incastrati i giornalisti, i media, le concessionarie, i coordinamenti editoriali etc, persone con le quali si può sperimentare, persone che uscendo dal quadrato sono capaci di fare una critica costruttiva ed innovativa (se si è aperti e disponibili ad ascoltare)

  21. @fra come ti anticipavo, ho preso spunto dal tuo ottimo post e dalla discussione che ne è seguita per un workshop in azienda. E' stato davvero molto utile sia per i più esperti che per chi si affacciava per la prima volta sul mondo delle blogger relation. Ovviamente ti ho citata quindi, se ti accorgi di avere una quarantina di lettori in più, sono i miei colleghi! 🙂 Complimenti ancora

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